Parte V, gli anni del linguaggio: 1968-77
Parliamo degli anni che vanno dal 1960 alla fine dei '70,
dove riecheggia una parola: libertà. Libertà della donna, delle minoranze, dei
neri, libertà o liberazione dalla guerra e dalle organizzazioni malavitose. In
particolare il '68 è l'anno delle manifestazioni pacifiste e dei moti
studenteschi. Ad avere la parola sono anche i muri, quelli delle università
occupate di Parigi soprattutto. Questi fenomeni sociali influenzeranno le arti,
a partire dal cinema che tratterà i temi del viaggio - ricordiamo Easy River di
Hopper - e quelle di nuove dimensioni e nuovi strumenti - 2001: Odissea nello
spazio di Kubrick.
Il nuovo rivoluzionario strumento che segna la metà degli
anni '70 è il personal computer. Inizialmente visto come modellino tecnologico
o quasi come giocattolo, diventerà ben presto strumento di conquista e libertà.
In particolare l'Apple II, primo pc realizzato in grandi numeri, sarà
l'anti-Hal di Kubrick poiché l'individuo potrà liberarsi attraverso la
tecnologia e non esserne ucciso.
Anche in Architettura si assiste ad alcune innovazioni,
prima fra tutte l'ibridazione tra arte ed architettura promossa da Claude
Parent. Egli è commissario nel 1970 del Padiglione francese ed invita gli
artisti ad esporre i loro lavori, ma al centro dell'attenzione non ci sono le
opere, bensì la CREAZIONE SPAZIALE dinamica del Padiglione, che si snoda in un
percorso a zig-zag che si frammenta in piani, piattaforme e rampe che legano le
diverse quote.
I nuovi temi penetrano anche nel progetto del Parco Olimpico
a Monaco per le Olimpiadi del 1972. Del ponte sullo stretto di Messina di
Sergio Musmeci del 1969. Del Mummers Theatre di John Johansen del 1971.
Ma la ricerca più avanzata si concretizza nel 1971 in un
concorso per un centro di arte contemporanea al centro di Parigi, vinto dai due
architetti Renzo Piano e Richard Rogers. Essi iniziano il progetto tenendo
conto della presenza delle funzioni nuove della società. La struttura, gli
impianti e la circolazione sono posti all'esterno dell'edificio, così da avere
l'interno completamente libero e mutabile ai diversi utilizzi. Questo dinamismo
degli interni si concretizza in pianta attraverso pannelli mobili e leggeri ed
in sezione attraverso il movimento meccanico dei solai. Il CENTRE POMPIDOU fa
da scenario multicolore alla piazza antistante e si pone in dialogo con essa.
Attraverso questo edificio si ha un nuovo modo di vivere e confrontarsi con la
città contemporanea. Esso esprime da un lato il carattere aggressivo dell'idea
industriale dell'architettura e dall'altro dà vita ad una nuova funzionalità.
Questo rapporto tra produzione industriale e adattabilità degli edifici segnerà
una tendenza nota come "high-tech".
- LA PARTECIPAZIONE -
Nasce un interesse per la cosiddetta sfera intermedia
dell'abitare e si fa largo l'idea di un'architettura della
"partecipazione", in cui gli architetti instaurino un rapporto con
i futuri utenti che diventano
protagonisti attivi all'interno del processo progettuale.
Un esempio ben riuscito è quello dell'architetto belga Kroll
che progetta un edificio di dormitori per gli studenti della facoltà di
medicina.
Un esempio italiano è invece G. De Carlo che progetta il
complesso del villaggio Matteotti a Terni. Egli redige un vero e proprio abaco
di soluzioni e possibilità che i futuri occupanti possono scegliere e
selezionare.
Questo modo di attuare sarà riconosciuto in un movimento
noto come CO-HOUSING.
L'esempio più alto di architettura partecipativa è il Byker
Wall a Newcastle di Erskine.
- L'ALTRO 68 -
Lo slogan emblematico di questo anno è : "Tais toi,
object". Con ciò si voleva indicare da una parte la volontà di liberarsi
dalla schiavitù meccanica, seriale ed alienante. Dall'altra nella sua forma
lapidaria e sintetica rivela un forte interesse verso il linguaggio.
In architettura si inizia a riflettere sui meccanismi della
stessa. Aldo Rossi rivendica l'autonomia formale dell'architettura a
prescindere dalle mutevoli istanze sociali e si occupa della Triennale, alla
cui mostra sarà dato il titolo di "Architettura razionale". Si rivendica
il fatto che l'architettura stessa sia in primis linguaggio. Su questa scia si
muove un gruppo di architetti nati in America.
- I NY FIVE -
Presentati al Moma del '69 da K. Frampton:
Eisenman, Graves, Hedjuck, Meier, Gwathmey.
La personalità di maggiore spicco è Eisenmann, soprattutto a
livello teorico. Egli sostiene che l'architettura moderna non ha segnato alcun
cambiamento poiché si è rimasti sulla stessa posizione rinascimentale ed
umanistiche che pongono sempre l'uomo al centro. L'architettura deve esistere
di per sé e non derivare da un contenuto umano.
- LE CASE -
In questi anni prende sempre più piede l'idea di avere
disegni che mostrano i passaggi evolutivi dell'opera, una sorta di smembramento
del progetto in un'era pre-cad. Eisenman progetta una serie di case rifacendosi
al razionalismo italiano, in particolare si ispira a Terragni. In lui scopre un
conflitto, in particolare facendo riferimento a due progetti:
- la Casa del Fascio, che si basa sull'estrazione di materia
e stratificazione verso l'interno.
- la Giuliani-Frigerio, che si basa su un'esplosione delle
parti dall'interno verso l'esterno.
- INCLUSIVISMO -
Nel '77 Charles Jencks formula una nuova
"posizione" che l'architettura può assumere, che sarà poi definita
post-moderna.
Egli parla di 3 aspetti:
1. Ritorno alla figurazione contro l'astrazione.
Riduzione della
differenza tra architettura d'élite e popolare.
Dalla ricerca di
caratteri riconoscibili ne deriva il ritorno del patrimonio classico.
2. Il luogo ed il contesto assumono una particolare
rilevanza.
Contro l'astrazione
e l'atopicità.
Aderenza alle
radici culturali del luogo.
3. Centrale il tema della città con un ritorno ai modelli
800eschi.
Torna la strada, la
piazza e l'isolato.
- IL MUSEO -
Nel '73 l'interesse si sposta dall'espansione alla
conservazione: miglioramento degli spazi e delle strutture esistenti. In più
cresce l'attenzione sul tema museo, visto come organismo capace di valorizzare
e migliorare il contesto esistente. Inoltre si innesta l'idea di avere un
organismo che sia multifunzionale.
I due maggiori interpreti sono: Stirling e Hollein.
Álvaro Siza Vieira
“Pazienza, concentrazione e apertura. Apertura nel senso di capacità di
rispondere ai bisogni del vivere dell’uomo, attraverso soluzioni funzionali e
concrete”.
Queste parole costituiscono i termini chiave per descrivere
il lavoro di Alvaro Siza, il cui stile viene spesso chiamato di “modernismo
poetico” per la capacità di introdurre elementi creativi ed emotivi in un
approccio decisamente moderno e originale ai progetti, è l’architetto più
rappresentativo della cosiddetta “scuola di Porto”, che era rimasta confinata
all’interno del Portogallo almeno fino alla fine del regime autoritario di
António Salazar nel 1974.
Nel maggio 2013 l’architetto Hugo Oliveira ha fatto
un’intervista a Siza per la rivista Archidaily, pubblicata con il titolo The
obsolescence of a building, in cui i due discutono soprattutto di una delle
caratteristiche più importanti del lavoro di Siza, cioè quella del rapporto tra
il tempo e la funzionalità di una struttura. Negli ultimi anni, dice Siza, “c’è
sempre più la tendenza a progettare e terminare un edificio nel più breve tempo
possibile, facendo sì che la struttura duri soltanto fino a che è necessaria a
svolgere la sua funzione originale, quella per cui era stata progettata”.
Il convento, disse Siza, è forse il miglior esempio di una tipologia di
struttura che è invece sia funzionale allo scopo che flessibile ad altri usi,
quindi in poche parole un’ architettura capace di cambaire forma e funzione e
in grado di sconfiggere la funzione tempo.
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